Morto Andrea Camilleri, l’inventore del commissario Montalbano

di  Alfredo Carosella

È morto Andrea Calogero Camilleri, un uomo che ha saputo avere uno sguardo lucido sul mondo anche quando ha perso l’uso della vista. Anzi, proprio come accade ai non vedenti, ha affinato l’uso degli altri sensi riuscendo a vedere ciò che alla maggior parte delle persone sfugge. Lo ha dichiarato lui stesso: “Da quando io non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente”. Non a caso, giunto alla veneranda età di novantatre anni, decise di scrivere e interpretare una “Conversazione su Tiresia” in occasione del 54° Festival del Teatro Greco di Siracusa, l’11 giugno 2018, in seguito proiettata al cinema e poi trasmessa dalla sua amata Rai. Tiresia è un indovino cieco e Camilleri lo ha interpretato per fare chiarezza riguardo alla sua storia secolare e alle tante interpretazioni che ne hanno fornito il teatro, la poesia e la letteratura. Dare voce a Tiresia, che nonostante la cecità riesce a vedere non solo il presente ma anche il futuro, è stato uno straordinario stratagemma per parlare di eternità, dell’invenzione letteraria e della vocazione a raccontare storie. In tanti abbiamo conosciuto e amato Andrea Camilleri grazie al Commissario Montalbano, tradotto in tutto il mondo in 120 lingue, un po’ come è capitato a Georges Simenon col suo commissario Maigret. Proprio come lo scrittore belga però, anche Camilleri ha scritto tanti libri che nulla hanno a che vedere con il personaggio che lo ha reso celebre. Basti citare “Il birraio di Preston” (Sellerio, 1995) o “Il nipote del Negus” (Sellerio, 2010), un romanzo epistolare ambientato nella Vigàta di Montalbano al tempo del fascismo; oppure i tre libri su grandi pittori: “Il colore del sole” (Caravaggio), “La Vucciria” (Guttuso) e “Il cielo rubato. Dossier Renoir”, quasi inevitabili per un amante della pittura quale Camilleri. Passione seconda solo a quella nutrita per la bellezza femminile. È davvero sconfinata la produzione letteraria di Camilleri (oltre cento libri) anche se, escludendo poesie, racconti e qualche iniziale pubblicazione poco fortunata, ha iniziato a scrivere romanzi con continuità all’età di 67 anni. 
Prima cosa faceva? Nel 1949 è stato ammesso in maniera del tutto inaspettata all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, quale allievo regista. Camilleri ha raccontato in un’esilarante intervista di Fabio Fazio cosa è accaduto: il maestro di regia Orazio Costa, dopo un interminabile esame, aveva comunicato all’aspirante allievo che non condivideva nulla di quanto avesse fin lì scritto e detto. Fu grande lo stupore, quindi, quando apprese che nonostante la critica fosse stato ammesso al corso col massimo dei voti e come unico allievo. Disse che imparò in quella occasione l’importanza di ascoltare sempre fino in fondo le ragioni degli altri. Uscito dall’Accademia ha seguito oltre cento regie, messo in scena opere teatrali, lavorato in radio, scritto racconti e poesie di successo, tanto che alcune di esse sono state pubblicate in un’antologia curata da Giuseppe Ungaretti. Nel 1957 è entrato alla Rai e nello stesso anno ha sposato Rosetta Dello Siesto, con la quale ha avuto le figlie Andreina, Elisabetta e Mariolina e ha condiviso una vita intera. Alla prima pronipote ha dedicato una delle sue ultime opere pubblicate: “Ora dimmi di te. Lettera a Matilda” (Bompiani, 2018). Ha insegnato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e all’Accademia dalla quale era uscito come una promessa per il teatro e la televisione. È stato delegato alla produzione di svariati sceneggiati televisivi, tra cui il “Tenente Sheridan” e proprio “Il commissario Maigret” di Simenon. Infine, spinto dal desiderio di scrivere opere teatrali con parole sue, ha messo a punto il linguaggio col quale è diventato noto al grande pubblico: un misto di italiano e siciliano comprensibile a tutti grazie alla musicalità dei termini dialettali il cui significato è facilmente intuibile: babbiare (prendere in giro), scantare (spaventare), taliare (guardare) e così via. Prendiamo l’incipit del “Birraio di Preston”: “Era una notte che faceva spavento, veramente scantusa”, non è altri che la trasposizione in vigatese di “Era una notte buia e tempestosa”.Vigàta è il nome di fantasia che Camilleri attribuisce alla località siciliana nella quale sono ambientati alcuni romanzi storici e le vicende che hanno come protagonista il commissario Salvo Montalbano, composte con rigore matematico da 18 capitoli da dieci pagine ciascuna, e per il quale ha già scritto la fine (non pubblicata) sin dal 2006. Lì l’investigatore è accompagnato da tanti protagonisti indimenticabili quali la fidanzata Livia Burlando, il vicecommissario Mimì Augello, l’ispettore capo Giuseppe Fazio, il centralinista pasticcione Agatino Catarella, il medico legale dottor Pasquano e la provocante amica svedese Ingrid Sjöström. La trasposizione televisiva nella quale il commissario è interpretato da Luca Zingaretti da oltre venti anni ha un enorme successo, con 8 o 9 milioni di telespettatori a puntata. Eppure, recentemente l’autore ha affermato che il vero successo sarebbe quello di vedere spuntare una mano dal cielo e sentire una voce che dice: “Permette, mister, sono William Shakespeare. Sa che il suo Montalbano mi piace proprio?”.
L’ironia, la “sconfinata fiducia nell’umanità” che conosceva come pochi, la sicilianità, la capacità di raccontare con arguzia e verità l’Italia, e una grande dedizione al lavoro (“Sono un impiegato modello della scrittura”), sono state delle costanti nell’opera di Camilleri che ha ricevuto tanti riconoscimenti. Oltre al successo di pubblico – con tanto di fun club - e di vendite, ci sono stati un gran numero di premi, la statua di Montalbano nel Comune di Porto Empedocle, la nomina di professore emerito honoris causa conferitagli dall’Università di Tor Vergata, l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica del 2013 e il Nastro d’Argento Speciale nel 2019 per la “Conversazione su Tiresia”. Una volta, a proposito del sapere che deve essere seminato “come si semina il grano”, ha affermato: “Chi coltiva il sapere non è mai solo”. Noi, ora che non potremo più ascoltare la sua voce autorevole e impastata dal fumo delle sigarette, lo siamo un po’ di più.

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