“CUORINERI – Il direttore”. Solo chi è sceso nell’abisso della propria esistenza può aspirare a risalire per vedere veramente la luce. Simona Pino d’Astore scrive di malavita e di redenzione


di Antonio Tedesco

Si potrebbe definire un romanzo-verità, secondo alcuni comodi schematismi in cui ci piace incasellare le opere con le quali ci confrontiamo.
Ma Cuorineri – Il direttore (pagg 176 – euro 15) che la giornalista ed esperta di marketing politico Simona Pino d’Astore ha recentemente pubblicato con l’Editore Graus di Napoli, è piuttosto un romanzo che “attraversa” la verità, le dà uno spessore che va oltre il semplice dato di cronaca. Scava a fondo nel “fattore umano”. E lo recupera, al di là delle violenze, dei disagi, delle brutture che segnano in maniera profonda ma non insanabile, come emerge nel corso della narrazione, la vita dei tre protagonisti.
Il romanzo, infatti, è imperniato sulla storia di tre personaggi, realmente esistenti, individuati nel testo con il loro vero nome. Il tutto in un contesto, quello di Brindisi, altrettanto dichiarato e riconoscibile nelle sue minuziose descrizioni. La vita dei tre personaggi è raccontata con scrupolosa precisione, fin da quando, ragazzini, subiscono il primo impatto con le difficoltà, le durezze, le ingiustizie della vita.
L’autrice non manca di sottolineare, con il piglio di una acuta analisi sociologica, le influenze che un ambiente di vita degradato e soprattutto un contesto familiare disfunzionale, hanno avuto nelle tragiche scelte che i tre uomini, intorno a cui si sviluppa la narrazione, hanno fatto per le loro esistenze. E forse neanche di scelte si tratta, ma di strade obbligate per la sopravvivenza.
Le vicende dei singoli protagonisti sono inserite in un contesto altrettanto doviziosamente descritto che, come seguendo un copione purtroppo tristemente noto, evolve dalla microdelinquenza adolescenziale, al contrabbando, alle azioni criminali via via più efferate, passando per lunghi soggiorni in carcere, collusioni con il potere politico e la faticosa e impervia strada dell’abbandono di un tale stile di vita deviante e della riconquista lenta, ma solida, della propria coscienza di esseri umani che non considerano più valori prioritari la violenza, il potere, la ricchezza facile. Un incidente molto grave incorso ad uno dei tre apre la strada a questa sorta di faticosa redenzione che ha però la forza di insinuare il dubbio e la voglia di cambiamento anche negli altri due.
L’autrice racconta le loro storie a capitoli alterni, utilizzando spesso la prima persona, imprimendo così alla narrazione un’efficacia da “presa diretta”, e suggerendo al lettore che forse solo chi è sceso fino in fondo nell’abisso della propria esistenza può aspirare a risalire per vedere veramente la luce.

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