Quando l’arte viene messa da parte… Palazzo Doria d'Angri allo Spirito Santo


Napoli - A proposito di quanto avvenuto recentemente in via Toledo, dove un bar è stato fatto saltare in aria, pubblichiamo la riflessione di Vittorio Del Tufo, apparsa sul quotidiano Il Mattino, sabato 16 giugno 2018, dietro sua gentile concessione.


Di Vittorio Del Tufo

Cosa può spingere un clan di camorra, per quanto assetato di vendetta, di soldi e potere, per quanto abituato a muoversi in città come un predatore in una giungla, a sfregiare un palazzo storico di straordinaria importanza come il Palazzo Doria d'Angri allo Spirito Santo, rovinandone in modo forse irreparabile la facciata, deturpandone due interi piani e facendo precipitare la città in uno stupito terrore?

L'ignoranza, verrebbe da dire. Solo un'ignoranza abissale può produrre un disprezzo altrettanto profondo per la storia della città, per i suoi simboli, per la sua cultura e, perché no, per la sua bellezza. Naturalmente nessuno si aspetterebbe da queste bande di criminali una conoscenza sia pur minima delle memorie custodite nel palazzo Doria d'Angri: quell'edificio, progettato da Luigi Vanvitelli, divenne famoso perché il 7 settembre 1860 Giuseppe Garibaldi annunciò dal balcone l'annessione del Regno delle Due Sicilie a quello d'Italia. E dubitiamo che, se pure ne fossero stati a conoscenza, coloro che hanno armato la mano degli attentatori ne sarebbero stati dissuasi.
Tuttavia, se da parte dei clan criminali non v'è alcuna consapevolezza dei danni arrecati, della devastazione prodotta nel salotto della città, degli «effetti collaterali» - per così dire - della loro impresa, è bene che questa consapevolezza ci sia e si diffonda tra i cittadini, che ieri mattina passeggiando per via Toledo, altezza Spirito Santo, si sono trovati proiettati in un teatro di guerra.

Napoli come Beirut fine anni 70, il vocabolario feroce della camorra che irrompe nel cuore della città sfregiandolo, vetrine e suppellettili sbalzate per decine di metri, il fumo che invade larga parte di via Toledo. Il nostro veleno, il veleno di una guerra che entra nelle nostre case. L'attentato della scorsa notte segna un punto di svolta non solo perché colpisce un luogo-simbolo della città - un luogo della memoria, e Dio quanto dovremmo tenerceli stretti in questi tempi senza memoria - ma soprattutto perché dimostra quanto sia fragile il patrimonio artistico e culturale della città, esposto a insidie e nemici di ogni tipo. Nell'entrata in scena - in questa guerra di camorra a Napoli-centro che prosegue da anni, con improvvise fiammate - di un luogo dov'è passata la Storia, c'è insomma il segno di una svolta che sarebbe sbagliato non cogliere; è una svolta potenzialmente stragista delle formazioni criminali: la dinamite, evidentemente, è considerata molto più convincente delle stese.
L'attentato messo a segno a pochi metri da piazza Dante ha colpito (e affondato) un esercizio commerciale appartenente alla stessa persona che gestiva un altro locale nella vicina via Pessina, oggetto qualche tempo fa di un analogo avvertimento dinamitardo. A meno di clamorose svolte - le indagini seguono tutte le piste - i bombaroli di via Toledo dovrebbero provenire dai Quartieri Spagnoli, dove gli sforzi di rilancio e nuovi fermenti culturali convivono con il vocabolario primitivo, ancestrale, di una camorra sempre uguale a se stessa.

Così il cuore della città, affollato di turisti e di nuove iniziative commerciali, ricco (finalmente) di iniziative culturali e percorso da una movida che per quanto sregolata e selvaggia illumina le strade a giorno anche di notte, rischia di diventare una sorta di stanza di compensazione criminale, il luogo dove le bande regolano i propri conti e sistemano i propri affari - a cominciare dal racket e dal business maledetto della droga - spingendo i confini delle loro imprese anche in pieno centro abitato; il resto lo fa una microcriminalità sempre più liquida e polverizzata sul territorio, mentre i poteri di contrasto restano insufficienti, i rinforzi (promessi) non arrivano e i riflettori nazionali si accendono sul «caso Napoli» a corrente alternata, e chissà se e quando il nuovo governo deciderà di accenderli.

Per tutti questi motivi l'attacco di via Toledo è un segnale allarmante, il nuovo biglietto da visita di un contropotere criminale che pur di lucrare vantaggi dalle sue efferatezze non si fa scrupolo di colpire nel mucchio, ed è solo un miracolo che l'esplosione della scorsa notte - Palazzo Doria d'Angri ospita anche alcuni bed & breakfast - non abbia provocato morti e feriti.
Ma è lo sfregio alla Storia il vero segno di questo attentato. Un acquarello di Franz Wenzel Schwarz, esposto presso il Museo civico di Castel Nuovo, riprende la scena dell'ingresso a Napoli di Garibaldi: vi si nota l'aspetto originario dell'edificio, prima dei danneggiamenti subiti durante il secondo conflitto mondiale. Quello che non hanno fatto le bombe della guerra, hanno provato a farlo le bombe-carta della camorra. È uno schiaffo che la città non può tollerare.


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